Ricordo ancora quei
giorni, radiosi d’infanzia,
quanto i minuti sembravano eterni,
quando le ombre, d’estate, sembravan giganti
e accompagnavano, mute, le nostre rincorse,
quando la musica non parlava, ancora, al
nostro cuore,
perché il nostro cuore non aveva bisogno di
suoni.
Noi eravamo la melodia.
L’uomo, misurava sé
stesso con la luna,
splendente nel cielo.
Ma noi, già, conoscevamo quell’arcano pianeta.
L’universo intero, pasceva, nel nostro cuore.
L’uomo lottava,
animoso, per nuove libertà.
Ma noi, piccini, ne avevamo la chiave e i vestiti,
a portata di mano.
Rileggo, ora, quelle
pagine, intense, del diario
degli anni,
quando i cortili, le strade, le piazze, i sagrati
fiorivan di grida, di urli, di schiamazzi,
senza lamenti, senza fastidi,
perché eran le gioie
di figli contenti, gloriosi, benedetti.
E chiedo al mio cuore, perduto:
“In quale cantuccio
hai nascosto la chiave di quei giorni,
mai più ritrovata?”.
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