(Gv 13).
Sul
dipinto
vediamo
Gesù e
Pietro
che
s’inchinano
profondamente
l’uno
verso
l’altro.
Gesù è
inginocchiato,
quasi
prostrato
davanti
a Pietro
in un
gesto
assoluto,
non si
vede
nemmeno
il suo
volto.
In
questo
momento
Gesù è
soltanto
servizio
per
quest’uomo
davanti
a lui. E
così
vediamo
il suo
volto
rispecchiato
nell’acqua,
sui
piedi di
Pietro.
Pietro s’inchina verso Gesù. La sua mano sinistra ci parla di rifiuto: “Tu Signore vuoi lavare i piedi a me?” (Gv 13,6). La sua mano destra e il suo capo, in contrasto, si appoggiano con tutto il loro peso sulla spalla di Gesù. Pietro non guarda al Maestro, non può vedere neppure il suo volto che appare nel catino. Nel Vangelo di Giovanni Gesù risponde alla domanda esitante di Pietro: “Quello che faccio tu ora non lo capisci ma lo capirai dopo” (Gv 13,7). E’ questa parola che si rispecchia nell’immagine. Adesso, in questa situazione, non conta il capire ma l’incontro, l’accettare un’esperienza. Il corpo di Pietro è un corpo che vive un processo, un incontro dalla testa ai piedi, una persona che scopre il suo bisogno di essere lavato, una persona che scopre allo stesso tempo la sua dignità. Sono bisognoso che il Maestro mi lavi i piedi, sono degno che lui mi lavi i piedi... Di conseguenza non è il volto di Gesù che è al centro dell’immagine, ma il volto luminoso di Pietro sul quale si riflette il segno della dignità riacquistata. |
Lo sguardo di Pietro è diretto verso
i piedi di Gesù. Questi piedi sono
smisurati, soltanto all’occhio di
chi guarda l’immagine.Dallo sguardo
di Pietro ci lasciamo condurre a
questi piedi e scopriamo con lui che
nell’esperienza che sta vivendo,
intuisce una chiamata ad un
servizio. “Vi ho dato l’esempio,
perché come ho fatto io, facciate
anche voi”. (Gv 13,15). Pietro
capisce in questo momento che il suo
impegno sarà quello di ripetere gli
stessi gesti di Gesù, non solo verso
di lui, ma anche verso ogni
fratello, verso il corpo di Cristo,
il suo corpo ecclesiale.Dietro i
personaggi, vediamo sul tavolo un
calice con il vino e un piatto con
il pane spezzato, elementi non
relegati sullo sfondo, ma avvicinati
all’evento che si vive al centro
dell’immagine. La luce che emana il
vestito di Gesù si riflette pure
sull’angolo della tovaglia.C’è anche
l’ombra delle due persone che
abbraccia questi segni
dell’Eucaristia, si tratta di un
unico incontro. E’ la stessa luce
che illumina pane e vino, le mani e
i piedi del discepolo e del Maestro.
E’ la luce della fedeltà di Dio alla
sua alleanza, la luce dell’abbandono
di Gesù nelle mani del Padre, la
luce della salvezza. Il pittore,
Sieger Köder, utilizza spesso il blu
come colore della trascendenza. Il
tappeto blu contrasta con i colori
marroni, i colori della terra, che
predominano nell’immagine. Il
tappeto blu indica che il cielo si
trova ora sulla terra, lì dove si
vive il dono di sè per l’altro.L’immagine
ci dice: se noi cristiani stiamo
cercando il volto di Cristo,
dobbiamo lasciarci condurre ai piedi
degli altri, impegnarci in un
servizio che riconosce la dignità,
che accetta il bisogno dell’altro.
Ma come vivere questo servizio senza
offendere l’altro, se non
lasciandoci lavare da una mano amica
i propri piedi, riconoscendoci
bisognosi? Là dove due corpi si
intrecciano nel dare e nel ricevere
si costruisce il corpo di Cristo, si
inizia a capire cos’è l’Eucaristia.