Il
risveglio della
natura che
gustiamo in
questi giorni,
portato dalla
primavera,
corrisponde in
piccolo alla
creazione;
quando Dio
disse: "Sia la
luce" ebbe
inizio il
miracolo delle
cose che trovano
nella luce il
loro posto, il
loro compito, il
loro fine. Al
termine di
questa "messa in
ordine" trova il
proprio posto
anche l’uomo:
una sistemazione
più che
decorosa, unica,
esclusiva e per
questo suprema.
Suprema perché
"sopra tutto",
nell’esercizio
di una signoria
di cui a volte
l’uomo non
comprende i
confini; suprema
perché
all’altezza di
Dio di cui
sempre l’uomo è
interlocutore
privilegiato -
anzi, di più -
è "di casa", è
appunto figlio.
Come per ogni
figlio che
cresce
nell’abbondanza,
l’uomo corre il
rischio di
diventare
"prodigo" (in
verità non è un
rischio, ma una
quotidianità...).
Il tempo
difficile che
viviamo, il
pensiero per un
futuro incerto
(addirittura
qualcuno
esaspera la
tensione fino a
dichiarare un
futuro che non
c’è, soprattutto
per i giovani)
sono la
conseguenza di
uno smarrimento
della via, di
una vita
condotta sopra e
fuori dalle
righe, di un
ricreato
disordine.
Così si rende
necessaria
l’apertura di
una strada per
il ritorno,
perché il figlio
possa essere di
nuovo accolto in
famiglia e
ancora godere di
ogni bene con
moderazione,
intelligenza e
spirito di
condivisione.
Eccoci a Pasqua:
c’era necessità
di una "luce
vera", di una
iniezione di
vita nuova e -
con
misericordiosa
puntuale
paternità - Dio
ha
provveduto.
dA
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