dal 6
al 12 Giugno 2011 |
7 MARTEDÌ
- 8
MERCOLEDÌ - 9 GIOVEDÌ
- 10 VENERDÌ
- 11 SABATO
- 12
DOMENICA - PENTECOSTE ********************************************************************************************* In oratorio è
stato provvisoriamente chiuso il cantiere delle mura
per far posto all’attività estiva: ********************************************************************************************* IL GIOCO Il cortile dell'Oratorio sta attrezzandosi per il grande gioco estivo e per qualcuno dei suoi derivati, come il disegno, l'arte povera, ecc... Per un bambino il gioco equivale ad un vero e proprio linguaggio, un mezzo con cui esprime i suoi sentimenti, si fa conoscere e si libera di qualche frustrazione, maturata nelle alterne vicende scolastiche. Due sono le caratteristiche del gioco nel cortile: individuale e di gruppo, quest'ultimo ulteriormente diviso in organizzato o libero. Che cosa può accadere? Che il piccolo scelga (per indole, capriccio, errato suggerimento del genitore,...) di partecipare solo a "ciò che gli piace", rendendo vano l'impegno per l'aggregazione e la conoscenza reciproca. Anche un momento come quello del gioco chiede quindi di essere sottoposto ad attenta verifica sia all'interno del cortile (tra coloro che lo animano), sia nell'intimità famigliare (dove la constatazione che "non si è fatto male, me l'hanno curato bene,..." non è sufficiente). I giochi non dovrebbero (si legga: non devono) essere mai pesantemente competitivi. I bambini non devono avere l'ansia di vincere. Anche se tutto intorno a loro insinua che il successo nella vita è una priorità. La selezione attraverso la sola competizione favorisce chi è capace di schiacciare gli altri. Un vincente è un fabbricante di perdenti. "La nostra società incoraggia la legge del più forte che rinvia al concetto di branco, caratteristico del mondo animale. Così, dopo cinquemila anni di storia, siamo al punto partenza" (B. Ferrero). Ma un pizzico di "attaccamento alla squadra" ci deve essere, un pò di voglia di far bene stimola la partecipazione e crea un pò di "tifo". Qui sono interpellati i "gestori" del gioco, gli animatori, che si identificano in una squadra, che rischiano di simpatizzare per i migliori: così si farebbe più danno e si vanificherebbe l'apporto positivo generato dalla propria presenza. Insomma: questi semplici pensieri dicono che il gioco, fatto bene, non è proprio un "gioco"; ci aiutano ad affrontare la prossima esperienza con prudenza e con spirito umile, aperto all'apprendimento di nuovi (per il mondo d'oggi, ma in realtà da sempre presenti) modi di vivere. ********************************************************************************************* PER I CATECHISTI (e per MOLTI ALTRI) NON FIORI, MA OPERE DI BENE Volgendo al termine questo anno pastorale - seppure permangono ancora significativi adempimenti nei confronti dei più piccoli - mi prendo un piccolo spazio per raccogliere il bene incontrato. Questo credo sia il buon tesoro da conservare: nel corso di quest’anno ho proposto a lungo una riflessione che vorrei riassumere con una parola: misericordia. Essa dice innanzitutto un atteggiamento proprio di Dio, il Padre: lui per eccellenza è il misericordioso, lui è colui che sa farsi vicino, sa accompagnare, condividere la fatica, esaltare la gioia; lui non ti lascia mai solo, nel tempo presente e nell’eternità, dove si offre come garanzia di ricompensa e riposo. Noi siamo chiamati a condividere questa misericordia, ad incarnarla, cioè a renderla visibile nei gesti, sensibile nelle parole che ci scambiamo. Qualche volta abbiamo toccato con mano la sproporzione tra l’intenzione e l’azione, ma non ci manca il tempo per mostrare quanto sia vero che il bene reciproco non è corollario superfluo al lavorare insieme. Quest’ultimo è "brianzolo" (rivela spesso molta scena e qualche interesse...), il primo è autenticamente cristiano (comporta qualche rinuncia e molta umiltà). Se non fosse stata coniata per l’occasione dei funerali, mi verrebbe da dire: "non fiori, ma opere di bene". Condensato di saggezza che applico subito, ammettendo come - non avendo fatto nessun regalino (e non avendo intenzione di farlo) - ai catechisti e a tanti collaboratori, personalmente riconosco una disponibilità grande da loro messa sul tavolo della Comunità. Non con i fiori, all’uopo sparsi per mascherare un vuoto di rapporti, ma con il cuore in mano mi piace dire che nei confronti di molti ho maturato un debito ... di sostanza. Si continuerà a lavorare, con loro, per un bene che arrivi a tutti. dA
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