Il
Logo
è segno distintivo di un ambiente,
ma soprattutto identifica lo stile della vita e la
profondità del cuore di chi lo frequenta. Il GIGLIO che
domina il centro del nostro logo, non è un fiore scelto
a caso, anzi... Da sempre la tradizione cristiana lo
affianca a san Luigi, addirittura cantava a
squarciagola: «O Luigi, o vago giglio, di candore
immacolato, ...» Vago, significa: leggiadro, dotato di
una bellezza non esagerata, ma che può essere
intimamente ammirata e accarezzata. Quale bellezza?
Quella del giglio, candido fiore, non segnato da alcuna
macchia.
Le parole dell’antica canzone non son frutto di
fantasia, non sono pura poesia, bensì la descrizione di
un momento particolare della vita del nostro
Santo, quando davanti ad una immagine della Mamma di
Gesù, Maria, egli sussurrò queste parole: «Mia Signora e
Madre mia, tutto mi dono a voi
e in segno di questa mia donazione faccio voto al vostro
Figlio Gesù di mantenermi puro da ogni colpa e vergine
per tutta la vita» Luigi è stato fedele a questa
promessa per tutta la sua breve vita, che - pur
spegnendosi a 23 anni - ha condotto nella pienezza
dell’amore per Dio e per i fratelli.
Un vero, candido, esempio per i giovani. Il BIMBO nel
logo occupa una posizione "di diritto", nel senso che la
sua vita è la ragione dell’esistenza di
ogni oratorio e quindi anche del nostro. L’oratorio
infatti è il luogo dove si compie l’educazione dei
giovani alla vita cristiana: non unico, ma
certamente irrinunciabile. Ecco perché il bimbo è
"accompagnato", tenuto per mano: la sua età (ma forse
dovremmo dire: ogni età della vita...) richiede
compagnia; lui ha bisogno di non essere lasciato solo
perché "apprendere", proiettarsi verso ciò che lo farà
crescere, gli viene più facile se tutto accade
"insieme". I suoi piedi, che non arrivano a terra, sono
lo specchio della gioia, della serenità, del gusto che
lo anima, quando frequenta un oratorio "che funziona",
dove si vive l’equilibrio tra gioco e preghiera,
riflessione e svago, cultura e tempo libero; insomma un
luogo "ospitale", dove l’organizzazione non soffoca la
creatività, dove i progetti lasciano spazio anche
all’improvvisazione non pasticciata.
L’oratorio è un posto che si può cominciare a
frequentare per caso o per la necessità di ricevere i
sacramenti, ma alla fine ci si resta volentieri, mai
paghi del tempo che gli si dedica. La sagoma dell’
ADULTO rimanda immediatamente ad un modo di dire
dialettale che rende l’idea. Si usa dire:
«te se’ propi una saguma...» e, così parlando, si
identifica una "macchietta" una persona originale, quasi
unica nel suo modo di fare e spesso anche di essere.
Ogni adulto, in oratorio, è una "sagoma", porta il
suo "ingombro", offre il suo contributo, non sta con le
mani in mano, bensì tende la mano, da una mano: insomma
è attivo, propositivo e prima ancora "positivo". Nella
grande casa della Comunità Cristiana, la Chiesa,
l’oratorio è come la stanza dei bambini, il luogo dove
si rifugiano volentieri, dove studiano e riposano: è
proprio del genitore saggio non lasciarli soli, lì
dentro; occorre spendersi in una equilibrata presenza,
in una prudente distanza, in una sensibile intimità.
L’oratorio è dei bambini e dei giovani, ma non è
frequentato solo da bambini e giovani (che - magari -
non hanno ancora la forza o l’autonomia per andare
altrove!).
Ogni genitore, ogni adulto mette a disposizione il
tesoro della propria esperienza oratoriana e - qualora
ne fosse privo - può trovare il tempo per
"saggiarla": poi occorrerà anche la mano forte che, nei
momenti incerti e "di crisi" sa tenere in oratorio la
propria creatura, fortemente tentata da scelte più
facili e superficialmente appaganti (tentazione a volte
condivisa dal genitore "superbo", cioè in estasi davanti
al proprio figlio o semplicemente "in estasi",
decisamente demotivato...).
«O del Ciel Angiol beato, della
terra eletto fior»: sono altre parole di quel canto
antico che esalta senza freno il nostro Santo patrono.
Viene da dire che i nonni e i loro nonni... non potevano
riporre l’oratorio in mani migliori: sia Luigi Gonzaga a
renderci capaci di mantenere le promesse che abbiamo
voluto stampare in modo chiaro - e definitivo - nel
logo; la speranza è grande, la volontà c’è, le energie
le invocheremo. Cantiamo:
«... pronti a te leviamo il ciglio e l’ardente nostro
cuor». dA
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