Appunti di viaggio

 Haiti (18 Agosto - 2 Settembre)


 

All’aeroporto di Linate una sola domanda girava nelle nostre teste: “Cosa troveremo una volta atterrati?”. Perchè questo viaggio ad Haiti aveva il sapore della grandiosa avventura in una terra tanto lontana da noi e duramente colpita da calamità naturali (terremoto, cicloni, malattie) che ne hanno profondamente cambiato i tratti.

Dopo una notte a Miami finalmente il giorno 19 agosto siamo atterrati all’aeroporto internazionale di Port-au-Prince: la capitale.

Padre Jean ci accoglie con un grande sorriso, il suo segno caratteristico con il quale si è fatto conoscere qui a Cernusco.

Fuori dall’aeroporto siamo subito catapultati in un mondo estremamente particolare.

La città è completamente avvolta dalla frenesia: macchine ovunque, persone che camminano incuranti del traffico. Dal nostro pick up capiamo immediatamente che non ci sono regole; la strada è attraversata da donne e uomini e da tantissime autovetture. Altri pick up adibiti a taxi, dai quali è quasi impossibile riuscire a contare il numero di persone a bordo, macchine, pullmini, camioncini. Ognuno va per la sua strada facendosi largo a suon di clacson.

Il paesaggio che si presenta davanti ai nostri occhi è di profondo degrado. I segni del terremoto sono evidenti: attorno, come quinte lugubri, le abitazioni crollate, sacche di polvere e cemento sgretolato che spesso nascondono ancora cadaveri, macerie non ancora rimosse ovunque lungo i bordi delle strade, edifici crollati non ricostruiti, alcuni iniziati e mai terminati: tutto ad Haiti, avrebbe bisogno di essere ripulito e restaurato. Soprattutto ripulito: le strade sono interamente circondate da cumuli di immondizia. Estese tendopoli sono ancora presenti in città, piano piano la gente viene spostata ma la ripresa della vita quotidiana sembra lunga e difficoltosa. E poi le baraccopoli più povere, quelle che costeggiano il fiume che non sono crollate, semplicemente perché sono così eteree nelle loro strutture che l’ipotesi del crollo non appartiene neanche alla loro “natura”. Posti dove da sempre si vive di nulla. Dove non c’è lavoro, non c’è scuola, non c’è cibo e in cui il terremoto, in fondo, non ha cambiato né cambierà nulla. Ci si domanda come si stava prima del terremoto…

Haiti diventa simbolo: un posto che ha una povertà superiore a quella di molti paesi africani, ma che non è Africa. Ma neanche America Latina, perché non ci si riconosce e nessuno ne riconosce l’appartenenza. Un posto che non ha lingua, un po’ di francese, non ancora l’inglese-americano, ma solo il suo creolo costruito giorno dopo giorno.

Siamo accolti a Petionville nella prima delle case salesiane che ci ospiteranno durante il nostro viaggio. Ad Haiti ci sono dieci costruzioni salesiane sparse in tutto il paese. Il nostro soggiorno è stato caratterizzato da spostamenti in macchina da una zona all’altra di Haiti, dal nord al sud, sempre accolti con grande ospitalità e cordialità da padre Jean e dai suoi confratelli. Abbiamo visitato gli edifici salesiani adibiti a scuole di specializzazione in cui ragazzi e ragazze apprendono diversi mestieri per poter diventare falegnami, meccanici, elettricisti, sarti, cuochi, informatici o muratori, e i locali che accoglieranno giovani haitiani chiamati a iniziare il loro percorso in seminario verso la risposta alla loro vocazione.

Attraversare il paese in pick up non è semplice: le strade asfaltate sono molto poche e quelle sterrate rendono molto difficoltoso il percorso a causa delle grosse buche presenti. Piccole distanze si percorrono in tempi lunghissimi. Uscendo dalle città il paesaggio si trasforma: grandi spazi verdi di natura selvaggia ci circondano, di tanto in tanto si scorgono case e piccoli villaggi anticipati dai mercati che, come in città sono frequentati da un numero enorme di persone. Si vende di tutto: vestiti, scarpe, frutta, polli, saponette….

I nostri sguardi sono poi catturati dagli scorci di spiagge e mare che appaiono e scompaiono, rivelati dalle montagne. Guardi le spiagge, le isolette che istoriano il paesaggio, gli sprazzi di vegetazione lussureggiante e immagini l’eden. Attorno invece è tutto brullo, abbandonato, spesso sporco.

Uno scorcio di vita quotidiana che sicuramente non abbandonerà i nostri cuori è quello che abbiamo avuto la fortuna di incontrare girando per le vie di Port-Au-Prince con Suor Luisa. Abbiamo visitato la scuola primaria in ricostruzione dopo il crollo per il terremoto, abbiamo incrociato gli sguardi di uomini donne e bambini che ci guardavano con grande curiosità camminando per le strette vie ricoperte di immondizia. Qualche telo adibito a casa costeggiava il fiume, una discarica a cielo aperto.

É molto difficile esprimere a parole le emozioni vissute in questi 15 giorni; tanti sentimenti contrastanti che si susseguivano senza tregua. Ci portiamo a casa una grandiosa esperienza che resterà stampata per sempre nei nostri cuori.

 

                                                                Alessandra

  

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